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Sentirsi parte di una comunità internazionale

Nei sei mesi trascorsi a Victoria, in Canada, Giovanni si è appassionato alla cucina e alla fotografia, ha stretto legami importanti e si è messo alla prova.

Come ti sei preparato per la partenza?

L’agenzia con cui sono partito mi ha dato tutti gli aiuti possibili. Per gli studenti in partenza viene organizzata una caccia al tesoro in tutte le regioni d’Italia, io l’ho fatta a Bologna. Poi appena arrivato in Canada ho partecipato a un “Ministay” di tre giorni a Toronto in cui tutti gli studenti di scambio potevano condividere paure e domande. Per quanto ognuno vada in una città diversa, stare con persone che provano la stessa esperienza serve a sentirsi più sicuri, soprattutto nel primo periodo, quando è letteralmente tutto nuovo e la scuola non è ancora iniziata.

Quali materie hai studiato là?

Avevo solo quattro materie a semestre: cucina, ragioneria, economia e fotografia. Sono molto contento perché ho seguito le mie materie di istituto però ho anche potuto provare esperienze nuove come fotografia e cucina. La cucina mi appassiona dai tempi delle medie, invece la fotografia non l’avevo mai provata.

Sperimentare con materie nuove aiuta molto a crescere. Magari ti viene la passione per una cosa nuova, magari capisci che sei anche bravo, chi lo sa se un domani vuoi fare proprio quello nella vita?

Come ti stai organizzando per il recupero?

Prima di partire ho firmato un patto formativo in cui mi impegnavo a recuperare i contenuti fondamentali per il passaggio all’anno successivo. Non sto facendo vere e proprie verifiche di recupero, sono io che devo stare al passo con i miei compagni, ma non da solo perché comunque i prof mi danno sempre una mano.

Come ti sei trovato con la tua host family?

Mi sono trovato bene anche se fino a un mese prima della partenza non mi era ancora stata assegnata. C’erano due genitori, entrambi insegnanti, un figlio di 13 anni e due più grandi che abitavano fuori. In casa con me c’era un altro studente internazionale brasiliano, Felipe, che è diventato subito il mio migliore amico. Andavamo a scuola insieme, uscivamo con lo stesso gruppo e tornavamo sempre a casa insieme.

L’orario della cena era un po’ strano, intorno alle sei di sera, io sono abituato a cenare alle 9 e a quell’ora i miei host parent andavano a dormire. Infatti io e mio fratello brasiliano avevamo orari simili e spesso rimanevamo a chiacchierare fino a tardi.

Nel weekend cosa facevi?

Io e Felipe abbiamo subito trovato un bel gruppo di amici con cui uscire, anche perché la nostra famiglia ci lasciava abbastanza liberi. Abbiamo fatto qualche gita con loro: siamo andati a trovare i parenti a Nanaimo, una città a tre ore a nord di Victoria, siamo andati a festeggiare il compleanno del nonno ospitante e abbiamo celebrato insieme il Natale; è stata un’esperienza nuova, eravamo una cinquantina di persone.

Hai mai sentito la mancanza di casa?

A volte ero triste, ma non proprio “homesick” da desiderare di tornare a casa. Quando prendo una decisione ormai l’ho presa e la porto fino in fondo. Sapevo che ci sarebbero stati momenti difficili, ma anche questo fa parte dell’esperienza e della mia crescita. Del resto anche a casa ci sono giorni in cui ti svegli un po’ più triste, o arrabbiato, ma è la vita quotidiana. Erano comunque momenti isolati, non ho mai pensato di voler tornare a casa perché sapevo per cosa lo stavo facendo.

E poi con tutti quegli stimoli, le nuove amicizie, anche loro persone fuori casa… ti senti anche parte di una comunità internazionale.

Sì, era proprio quella la sensazione, di far parte in qualche modo di una grande famiglia.

Quali differenze hai riscontrato tra la scuola a San Marino e quella in Canada?

Sono proprio due modi diversi di fare scuola. A partire proprio dagli orari: qui da noi dalle 8 fino alle 12:50 o alle 13:40, là dalle 8 alle 15, con pranzo alla mensa della scuola. Non fanno scuola il sabato, mentre qui sì. Una seconda differenza è il rapporto tra professori e studenti; lì è un rapporto quasi più di amicizia: puoi dargli del tu, rivolgerti a loro con il nome di battesimo, c’è meno distacco insomma.

A livello di compiti pomeridiani, in Canada non ce n’erano; al limite qualche lavoro sporadico da consegnare e che poi l’insegnante valutava. Non esiste l’esame di Stato, quindi una volta terminati i 5 anni sei automaticamente diplomato. L’Università è privata e i costi sono elevati. Per fare un esempio, la retta dell’Università della mia città, che non era nulla di particolarmente prestigioso, costava 15 mila dollari l’anno. Molti dei miei amici avevano già iniziato a lavorare a 15 anni per pagarsi la retta, quindi questo fa già capire il livello di responsabilità che hanno.

Ti sei sentito più responsabilizzato?

Per un verso sì, perché dovevo fare tutto da solo, ma per altri meno perché, essendo uno studente internazionale, sentivo di essere in qualche modo controllato: in questi progetti ci sono regole da seguire, tipo non bere, non fumare, non andare alle feste… altrimenti ti rimandano a casa. Di solito per gli studenti internazionali c’è un coprifuoco previsto per le 23 durante il fine settimana e 21:30 durante la settimana, ma alcune famiglie non lo richiedono.

Non trovi che avere dei limiti comunque sia importante?

Sì, in effetti, con il fatto di essere fuori dalla tua “bolla”, è anche utile sentire che c’è qualcosa che ti contiene, visto che tutto è nuovo per te. Se nessuno ti dà regole, corri e corri, e c’è anche il rischio di andarsi a schiantare prima o poi.

Cosa consiglieresti a qualcuno che vuole fare un’esperienza del genere?

Gli direi di riflettere bene perché magari le persone pensano: “Che bello, vai in America, ci sono le cheerleader, il football americano, come nei film…” ma non è un film, non è così facile. Io ho parlato di tutti i lati positivi, ma per sei mesi sono stato da solo. Va bene, avevo i miei amici, però non è come stare qua: la famiglia ospitante non è la mia famiglia; sì, si prendono cura di me, ma non sono loro figlio. È stata una bellissima esperienza, ma non è neanche stato sempre così facile. Se vuoi partire ci devi pensare bene.


 
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